TRAMA: Il proiezionista di un cinema sogna di diventare un detective. L’occasione di mettere in pratica le sue qualità si presenta quando un suo rivale in amore lo fa accusare di avere rubato l’orologio del padre della donna contesa. L’aspirante investigatore mette in atto i consigli del suo manuale seppur con scarsi risultati. Afflitto dai suoi fallimenti torna al suo lavoro e durante una proiezione si addormenta sognando di essere il grande detective “Sherlock Jr” e di risolvere un caso di furto di una collana di perle. Si risveglierà all’arrivo della sua amata che dopo aver scoperto il complotto ordito dall’altro pretendente, lo scagionerà da ogni accusa riguardo al furto dell’orologio.
È un film molto adatto a me. È stato forse il più difficile per via di tutti quei trucchi e degli effetti speciali che ci hanno richiesto davvero molto tempo. Il film partiva tutto da lì: un proiezionista di un cinema si addormenta, mescolando le sue vicende a quelle dei personaggi sul grande schermo. Il mio compito consisteva nel trasformare i personaggi del film sullo schermo con quelli della mia storia, così avevo una trama. Ora, far funzionare il tutto era un altro paio di maniche. Ma dopo la sua uscita, ogni cameraman impiegato a Hollywood passò serate intere per cercare di capire come avessimo realizzato quelle scene. (B.K.)
Cast: Buster Keaton (il proiezionista / Sherlock Jr.), Kathryn McGuire (la ragazza), Joe Keaton (il padre della ragazza / uomo sullo schermo), Erwin Connelly (il tuttofare / il maggiordomo), Ward Crane (il ladro).
Restaurato in 4K dalla Cineteca di Bologna e Cohen Film Colletion
presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata
TRAMA Nel film, mio zio mi regala per le mie nozze una casa mobile, mentre mia zia il terreno su cui costruirla. Per vendicarsi, un ex-pretendente della ragazza cambia tutti i numeri presenti sulle casse dei materiali da assemblare così che alla fine, una volta montata, la casa è stramba come niente al mondo. (B.K.) Il primo capolavoro di Keaton e uno dei migliori cortometraggi della storia del cinema.
TRAMA: Un film sulla guerra, sull’estremismo religioso, su due donne che hanno fatto scelte diametralmente opposte, sull’oppressione che le donne vivono in molte parti del mondo. Sara è una giornalista italiana che è andata in Medio Oriente per raccontare la guerra dello Stato Islamico, Nur una foreign fighter radicalizzata a Londra che ha sposato un miliziano e ora vive nel Califfato. Sara viene rapita dall’Isis e in quanto donna, in quanto essere inferiore che ha dignità solo se sottomessa al maschio, non può stare in una prigione dove sono presenti anche degli uomini. Per questo motivo viene data in custodia ad una sua “pari”: ad una donna. Nur diventa la sua carceriera. La casa di Nur, la sua prigione. E sarà proprio quella casa nel mezzo di un campo di addestramento dello Stato Islamico il luogo dove Sara e Nur si confronteranno. Un confronto quasi impossibile che si trasforma in guerra psicologica mentre attorno scoppiano le bombe e i nemici vengono bruciati vivi per vendetta. Un confronto fatto di silenzi, di sottili ricatti, e dal progressivo tentativo di Nur di convertire Sara. Dopo lo straordinario successo di Sulla mia pelle – il film dedicato agli ultimi tragici giorni di vita di Stefano Cucchi –Cremonini si conferma uno dei più interessanti autori del panorama italiano contemporaneo anche con quest’opera, girata, per lo più, in Puglia, un lungometraggio che riesce a combinare l’attitudine documentaria e la ricerca della verità con due figure femminili dall’aura fortemente metaforica; capace di colpire al cuore senza mai indulgere sulla violenza né inseguire la spettacolarizzazione del dolore, ma, puntando alla straordinaria potenza evocativa delle immagini. Esse rimandano al bisogno di osservare situazioni che sembrano non appartenerci. Per questo motivo Profeti non si limita ad essere un film, ma diviene uno strumento che guida alla comprensione di sé e degli altri, anche quando questi sembrano non avere punti in comune con il nostro vissuto.
TRAMA: Buster è in questo film Billy Jr. figlio di Steamboat Bill, proprietario di un battello fluviale sgangherato. Bill ha un grande rivale il ricco King: proprietario di un nuovissimo battello. Billy Jr., finiti gli studi, lascia il college e la città per andare a trovare il padre che non vede da quando era piccolo. Non appena i due si incontrano iniziano i problemi e l’equilibrio precario degli abitanti del paese è messo a repentaglio. Il grosso e forzuto Bill trova dinnanzi a sé un gracile ragazzo vestito in maniera buffa, con i baffetti, una grande valigia che fatica a portare e un ukulele. Da una parte il padre cerca, per tutto il film, di trasformarlo e renderlo più simile a sé. Dall’altra parte Billy Jr. cerca disperatamente di conformarsi agli ideali paterni, esasperandoli (come è tipico dei personaggi di Keaton) finendo evidentemente per deludere in continuazione il padre.
Keaton piomba in una situazione che lo costringe al principio alla passività e dove l’equivoco (un suo tema base) diventa il motivo che fa scatenare l’azione. È anche un film sul riscatto del piccolo uomo che, scontrandosi con un terrificante ciclone che incombe sul paese, diventa l’eroe della situazione: prendendo letteralmente le redini del vecchio battello e della sua vita. Arricchito da gag, indimenticabili nel tempo, e da spericolate acrobazie è stato uno dei maggiori successi di Keaton.
Restaurato in 4K da Cineteca di Bologna e Cohen Film
TRAMA: In pochi essenziali minuti si mette in scena, quasi pirandellianamente, lo stravolgimento dell’identità e l’inadeguatezza dell’uomo al reale. Qualsiasi proponimento si prefigga il nostro protagonista verrà travisato dalla gente, ai cui occhi egli apparirà di volta in volta diverso da quello che in realtà è; qualsiasi azione ponga in essere sortisce degli effetti diversi da quelli voluti, perchè la volontà non può far niente in una realtà in cui l’interazione con gli altri porta inevitabilmente al travisamento. In questo sta la bravura di Keaton: nel rappresentare con estrema semplicità e naturalezza l’incomunicabilità con il mondo esterno, attraverso le “gesta” di un soggetto incapace di farsi comprendere e muoversi senza determinare equivoci e scontri, ma sempre connotato da un’espressione di impassibile rassegnazione sintomo dell’impotenza di fronte all’incontrollabile svolgersi e susseguirsi frenetico degli eventi. Memorabile il finale in cui Keaton, dopo aver fallito la sua missione con l’amata, viene fagocitato vestito da poliziotto dalla massa di poliziotti, cioè in una realtà che non gli appartiene.
2 lunghi e 3 corti per ritrovare il genio di Buster Keaton, il suo sguardo che contiene tutti i sensi, il più bel volto d’uomo, di una bellezza radiante, con un corpo che è un meccanismo perfetto come i suoi film, congegni matematici ed esplosivi che a cento anni di distanza ci fanno ancora ridere senza freni.
Vincitore Miglior Documentario sul cinema, Venezia 2018
Sceneggiatura: Peter Bogdanovich.
Fotografia: Dustin Pearlman.
Montaggio: Bill Berg-Hillinge.
Produzione: Peter Bogdanovich, Charles S. Cohen, Roee Sharon, Louise Stratten per Cohen Media Group.
The Great Buster celebra la vita e la carriera di uno dei cineasti più prolifici e influenti di Hollywood: Buster Keaton. Il restauro magistrale delle opere d’archivio fa vivere la magia di Keaton sul grande schermo, mentre le interviste ad amici, familiari, collaboratori e a uno stuolo di artisti profondamente influenzati dalla singolarità della sua visione ritraggono approfonditamente una vita e un personaggio la cui complessità, audacia e grazia furono eguagliate dalla grandezza delle opere da lui realizzate.
23 gennaio:
17.30 – 19.15 – 21.00
24 gennaio: solo ore 21.00
THE GENERAL
(Come vinsi la guerra, USA, 1927, 79’)
Regia: Buster Keaton, Clyde Bruckman.
Soggetto: Buster Keaton, Clyde Bruckman, liberamente tratto da The Great Locomotive Chase(1889) di William Pittenger.
Sceneggiatura: Al Boasberg, Charles Smith.
Fotografia: J. Devereux Jennings, Bert Haines.
Montaggio: J. Sherman Kell.
Scenografia: Fred Gabourie.
Interpreti: Buster Keaton (Johnnie Gray), Marion Mack (Annabelle Lee), Glen Cavender (capitano Anderson, spia nordista), Jim Farley (generale nordista Thatcher), Frederick Vroom (generale sudista), Charles Smith (padre di Annabelle), Frank Barnes (fratello di Annabelle). Produzione: Joseph M. Schenck, United Artists, Buster Keaton Productions.
La comica poesia delle rotaie. Un treno che si chiama The General lanciato a gran velocità nei maestosi paesaggi americani, e al comando (contromano) un macchinista che ama il suo treno quasi quanto la fidanzata Annabelle. Siamo negli anni della guerra di Secessione, i generali veri fumano sigari e pianificano gli scontri mortali; sulla locomotiva, intanto, Buster mette un perno, toglie un perno, e il mondo si allontana. Accolto freddamente dal pubblico dell’epoca, poi considerato tra i capolavori di Keaton e del cinema tutto, girato dal vero (nelle foreste dell’Oregon), tra incendi veri e simulati, ponti e dighe costruiti e distrutti, senza modellini, senza risparmio di denaro e di rischio.
30 gennaio: 17.00 – 19.00 – 21.00
31 gennaio: solo ore 21.00
STEAMBOAT BILL, JR. + COPS
(Io e il ciclone, USA, 1928, 69’)
Regia: Chas. F. Reisner e Buster Keaton (non accreditato).
Sceneggiatura: Carl Harbaugh.
Fotografia: Dev Jennings, Bert Haines. Montaggio: J. Sherman Kell (non accr.).
Scenografia: Fred Gabourie. Interpreti: Buster Keaton (William Canfield Jr.), Tom McGuire (John James King), Ernest Torrence (William Canfield Sr.), Tom Lewis (Tom Carter), Marion Byron (Marion King), Joe Keaton (barbiere).
Produzione: Joseph M. Schenck per Buster Keaton Productions Inc.
Quando torna dopo molti anni nella natia cittadina fluviale del Sud, William, giovanottino gracile e azzimato, è una vera delusione per il padre, ruvido proprietario di un battello a vapore, anche perché il ragazzo si innamora della figlia del suo ricco rivale, che ha da poco comprato un grande e moderno battello. Ma sarà proprio William a salvare tutti dal tremendo ciclone abbattutosi sulla città. “Il film, nel suo complesso, appartiene ancora in pieno al grande ciclo dei capolavori di Keaton. […] Basterebbe, alla bellezza e alla gloria di questo film, la ricostruzione ambientale, dove l’umile America provinciale, ritardataria, ottocentesca, è sentita così poeticamente: il vecchio vaporetto in opposizione al nuovo; il villaggio sul fiume; la bottega del barbiere e quella del merciaio; il posto di polizia. E la definizione dei personaggi principali, così perfettamente individuati” (Mario Soldati)
COPS
Buster Keaton, Eddie Cline
(Poliziotti, USA, 1922, 20’)
Regia, Sceneggiatura: Buster Keaton, Edward F. Cline.
Fotografia: Elgin Lessley.
Interpreti: Buster Keaton (il giovane), Virginia Fox (figlia del sindaco), Joe Roberts (Hobo), Steve Murphy (truffatore che vende mobili), Eddie Cline.
Produzione: Joseph M. Schenck per Comique Film Corporation.
In Cops il personaggio di Keaton, pur armato delle migliori intenzioni, scivola progressivamente in una spirale kafkiana di colpevolezza alla quale, sul finire, sembra non avere più la forza di opporsi, scegliendo di lasciarsi ‘inghiottire’ dai cancelli del commissariato di polizia. L’ultima sequenza, in cui Buster è inseguito da una “moltiplicazione terribile di poliziotti invadenti e vendicativi che anneriscono lo schermo col loro pullulare”, resta tra le più celebri e immediatamente riconoscibili della storia del cinema.
06 febbraio: 17.30 – 19.15 – 21.00
07 febbraio: solo ore 21.00
SHERLOCK JR. + ONE WEEK
(La palla n° 13, USA, 1924, 45’)
Regia: Buster Keaton.
Sceneggiatura: Jean Havez, Joseph Mitchell, Clyde Bruckman.
Fotografia: Elgin Lessley, Byron Houck.
Scenografia: Fred Gabourie.
Interpreti: Buster Keaton (il proiezionista / Sherlock Jr.), Kathryn McGuire (la ragazza), Joe Keaton (il padre della ragazza / uomo sullo schermo), Erwin Connelly (il tuttofare / il maggiordomo), Ward Crane (il ladro).
Produzione: Joseph M. Schenck per Buster Keaton Production.
Uno dei film più incredibili di Keaton, nel quale il geniale comico dall’espressione impassibile è un proiezionista aspirante detective che sogna di entrare e uscire dallo schermo cinematografico in un susseguirsi di gag surreali e irresistibili. L’uso che Keaton faceva del sogno e dei raccordi – di cui andò sempre molto fiero – fu definito rivoluzionario da Antonin Artaud e Robert Aron, che sottolineò come il surrealismo di Keaton fosse superiore a quello di Man Ray e di Luis Buñuel, poiché Keaton era riuscito a conquistare la libertà espressiva rispettando le regole del cinema narrativo.
ONE WEEK
(Una settimana, USA, 1920, 25’)
Regia, Sceneggiatura: Buster Keaton, Eddie Cline.
Fotografia: Elgin Lessley.
Interpreti: Buster Keaton (lo sposo), Sybil Seely (la sposa), Joe Roberts (il facchino).
Produzione: Joseph M. Schenck per Metro Pictures Corporation.
È probabilmente il primo capolavoro di Keaton e uno dei migliori cortometraggi della storia del cinema. Dopo soli quindici film interpretati in tandem con Roscoe ‘Fatty’ Arbuckle tra il 1917 e il 1920, lo stile visivo, il raffinato senso della comicità, la straordinaria inventiva e l’istinto d’attore di Keaton sembrano aver già raggiunto la perfezione. Come scrisse un critico, sorbirsi decine di comiche del muto e poi imbattersi in One Week è come vedere qualcosa che nessun uomo riesce mai a vedere: un giardino mentre fiorisce.
TRAMA: Film di apertura alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2022 e liberamente ispirato a Le vele scarlatte di Aleksandr Grin, scrittore russo pacifista del XX secolo, il film di Pietro Marcello è un racconto popolare, musicale e storico, al confine con il realismo magico che ci porta da qualche parte nel nord della Francia dove Juliette, giovane orfana di madre, vive con il padre, Raphaël, un soldato sopravvissuto alla prima guerra mondiale. Appassionata di musica e di canto, Juliette ha uno spirito solitario. Un giorno, lungo la riva di un fiume, incontra una maga che le predice che delle vele scarlatte arriveranno per portarla via dal suo villaggio. Juliette non smetterà mai di credere nella profezia. Il film ha l’intento di esplorare l’intimità degli esseri umani, il dolore della perdita, la frammentazione della guerra con un utilizzo del tutto peculiare della regia. Marcello usa la macchina da presa sperimentando varie soluzioni estetiche usando i quattro elementi naturali come chiave interpretativa. Ad accompagnarlo, una sceneggiatura efficace e funzionale nella sua semplicità. Un film intenso e travolgente che si avvale di un cast lucido. “È un film femminile. Così come la gran parte dei miei film precedenti erano maschili, sono il primo a sorprendermi di questa mia personale evoluzione. Ma è per questo che si fanno film, per evolvere, cambiare, tentare nuove strade. Le vele scarlatte, che sembra portarci nel passato, in realtà si può guardare con occhio moderno, come un film su un modello nuovo di matriarcato…È una storia che appartiene a tutti i sud del mondo ed io guardo sempre a sud perché mi è più familiare”. Il film è stato accostato dal suo regista, e non solo da lui, a Martin Eden. Si tratta però di un accostamento per contrasto, qui, difatti, gli affetti familiari sono protetti anziché distrutti.
Produzione: CG Cinéma, Avventurosa con Rai Cinema in co-produzione con Match Factory Production, Arte France Cinéma, ZDF con la partecipazione d’ARTE, Les Films du Losange.
Il cinema muto ha prodotto solo due epopee comiche: La febbre dell’oro di Chaplin nel 1925 e The General di Keaton nel 1927. […] Come ricorda Rudi Blesh, Keaton disse al suo staff “dev’essere così vero da far male” quando per The General decise di costruire copie fedeli delle locomotive della Guerra civile, fece confezionare quattromila uniformi militari e si mise a caccia di foreste vergini. Per il materiale del suo film Keaton attingeva alla storia, a una storia che aveva già assunto connotazioni mitologiche. Keaton aveva sempre prediletto le grandi dimensioni: navi, locomotive, uragani. Aveva già abbracciato oggetti giganteschi e percorso a capofitto la vastità del paesaggio. […] La storia che aveva concepito sfruttava al massimo uno degli strumenti più venerabili del cinema muto. Era un lungo inseguimento. O meglio, due lunghi inseguimenti consecutivi: da sud a nord, da nord a sud, lungo la stessa linea ferroviaria. E c’era sempre stato un altro lato, un lato geometrico, nel suo senso della forma narrativa. […] The General è una grande parabola scagliata verso l’orizzonte, descrive una prima lunga curva ascendente che sembra poter durare in eterno, poi torna indietro in una traiettoria di rientro graduale e minacciosa, fino ad atterrare senza perdita di forza nella mano di colui che ha effettuato il lancio. Potremmo definirla ‘la Curva di Keaton’, ingigantita fino ad abbracciare le due metà di un continente. (Walter Kerr, Silent Clowns, Alfred Knopf, New York 1975)
Liberamente tratto da The Great Locomotive Chase (1889) di William Pittenger Un treno che si chiama The General lanciato a gran velocità nei maestosi paesaggi americani, e al comando (contromano) un macchinista che ama il suo treno quasi quanto la fidanzata Annabelle. Siamo negli anni della guerra di Secessione, i generali veri fumano sigari e pianificano gli scontri mortali; sulla locomotiva, intanto, Buster mette un perno, toglie un perno, e il mondo si allontana. Accolto freddamente dal pubblico dell’epoca, poi considerato tra i capolavori di Keaton e del cinema tutto, girato dal vero (nelle foreste dell’Oregon), tra incendi veri e simulati, ponti e dighe costruiti e distrutti, senza modellini, senza risparmio di denaro e di rischio.
Cast: Buster Keaton (Johnnie Gray), Marion Mack (Annabelle Lee), Glen Cavender (capitano Anderson, spia nordista), Jim Farley (generale nordista Thatcher), Frederick Vroom (generale sudista), Charles Smith (padre di Annabelle), Frank Barnes (fratello di Annabelle).
Produzione: Joseph M. Schenck per United Artists, Buster Keaton Productions
Versione originale restaurata 4k sottotitolata in italiano
Edizione digitale del film approvata dal regista
TRAMA: All’ingresso della propria casa, lussuosa ed asettica, Fred Madison, sassofonista, scopre per più volte alcune videocassette che ritraggono in sequenza la casa stessa, e poi lui e la moglie Renée mentre dormono. Avvertita, la polizia non riesce a trovare spiegazioni logiche. Una sera, Renée conduce il marito ad una festa organizzata da un certo Andy. Qui Fred conosce un uomo che si fa beffe di lui. Arriva una nuova videocassetta che ritrae Fred accanto al corpo massacrato della moglie. Arrestato per omicidio, Fred in carcere è preda di violenti mal di testa. Una mattina un’improvvisa mutazione lo porta ad assumere il corpo del giovane Pete, meccanico. Viene allora liberato e riprende a lavorare al servizio del boss malavitoso Eddy. La ragazza di quest’ultimo, Alice (che sembra la copia della defunta Renée), seduce Pete e lo convince a progettare e realizzare un colpo, quasi una vendetta, ai danni di Andy, regista di film pornografici, che l’aveva avviata alla prostituzione. Durante il colpo, Andy rimane ucciso, mentre Pete vede una foto dove Eddy è in compagnia di Renée e Alice. Pete e Alice si danno alla fuga in macchina e si fermano al Lost Highway Hotel…“Un film noir del XXI secolo. Una vivida descrizione di crisi d’identità parallele.Un mondo dove il tempo è pericolosamente fuori controllo…attraversato da ogni tipo di paradosso logico, da narrazioni che si avvitano dentro una spirale inspiegabile, perché qualsiasi tipo di spiegazione si dimostrerebbe inadeguata, poiché un film è fatto per essere visto” (D.Lynch).
📌 #Savethedate | Venerdì 13 gennaio alle ore 20.30, in occasione dell’uscita nei cinema della nuova versione 4K di ‘Lost Highway’, il @cinemaarsenale di Pisa ha organizzato un incontro in diretta streaming con il direttore della fotografia del film, #PeterDeming, che per Lynch ha curato anche la fotografia di ‘Mulholland Drive’ e della terza stagione di ‘Twin Peaks’. A dialogare con Deming, prima della proiezione del film, saranno Andrea Peraro (Cineteca di Bologna) e il critico cinematografico Michele Innocenti.
TRAMA: Una storia di amicizia, di amore e di umanità quella raccontata dal film presentato in anteprima al Festival di Cannes – dove ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria – e candidato all’Oscar come Miglior film internazionale. I protagonisti sono due ragazzi di 13 anni, Léo e Rémy, uniti da un affetto fraterno, in quel tipo di rapporto nel quale uno completa le frasi dell’altro. In questa delicata fase di passaggio dall’infanzia all’adolescenza, però, i due ragazzi si troveranno a confrontarsi con un evento inaspettato che cambierà per sempre le loro vite e che metterà in discussione per la prima volta il loro legame: capire in che maniera rapportarsi all’altro cercando il proprio posto nel mondo è forse uno dei punti di forza di Close che, in questo senso, si propone come un profondo e toccante coming of age interpretato con grazia e naturalezza dai due giovani protagonisti. Tribunale per i due, diventa la scuola: quando le compagne chiedono a Léo se stia insieme a Rémi e qualche altro compagno lo bullizza, lui si ritira, divenendo permeabile al mondo là fuori, fuori dalla relazione già esclusiva con Rémi: al mattino non lo aspetta più per andare insieme in bicicletta, la notte non ci dorme più assieme, si iscrive a hockey, e l’amicizia già onnipotente implode e deflagra. Le immagini accolgono, di più, partecipano, cantano l’idillio, catalizzano tutto, suturano l’elaborazione, richiamano il perdono: Dhont è fine, lirico a tratti, lucido sempre, empatizza senza ricattare, colpisce senza colpi bassi, invita a prendere il fazzoletto, di necessità e con virtù. Vengono in mente Truffaut, Doillon e i primi Dardenne, non fa prigionieri, ma è clemente nel dolore, riconoscente nella gioia, aperto nella redenzione.