CINEMA SPLENDOR

#PASOLINI100 – IL DECAMERON

Lunedì 17 ottobre: 17.00 – 19.00 – 21.00

Martedì 18 ottobre: solo ore 21.00

Versione Originale restaurata in 4k dalla Cineteca di Bologna

Film vietato ai minori di anni 18


TRAMA: Pasolini mette in scena alcune novelle del “Decameron” di Giovanni Boccaccio. È il film che inaugura la cosiddetta “Trilogia della Vita”, con cui il regista conduce un personale attacco alla morale sessuofobica e borghese dell’Italia degli anni Sessanta. Accolto da innumerevoli polemiche, a cui corrispose anche un travolgente successo che portò quest’opera a numerose imitazioni durante tutto il decennio successivo. Schieratosi contro un presente di conformismo e massificazione che gli ispirava disgusto, Pasolini reagì rievocando il mito di un passato popolare, dominato dalla carnalità e da un eros incorrotto. Per il primo film della Trilogia della vita, si ispirò a nove racconti di Boccaccio, calandoli a Napoli e privilegiando i temi dell’erotismo, della morte e dell’inganno. L’umorismo beffardo e verace che percorre il film come un esorcismo, non cancella, infatti, una tinta ferale che si insinua nel tessuto delle storie, sempre dominate dalla densità materica di ambienti, oggetti e corpi. Lo stesso Pasolini interpreta il proprio autoritratto nel ruolo del “miglior discepolo di Giotto”. In tutti i segmenti de Il Decameron si assiste, di fatto, ad una declinazione fattuale dell’uomo/donna nella sua cornice pulsionale. Ogni personaggio è legato al sesso: agisce o cade in disgrazia in suo nome, ragiona e si muove in sua totale funzione. Sono essi figure in continuo divenire, che come dichiarato da Pasolini nella sua celebre lettera di abiura, fungono da “rappresentazioni dei corpi e del loro simbolo culminante: il sesso”, per l’appunto. Un approccio visibile in tutte le frazioni narrative, ma che giunge alla sua più alta teorizzazione formale nella novella/sequenza di “Masetto l’ortolano nel convento”. Qui il “finto” contadino sordomuto non ha neanche una soggettività definita. È un mero oggetto sessuale, che di volta in volta passa tra le mani (o tra le cosce) di suore infoiate, prede di un’eccitazione tanto dissacrante quanto conciliatoria. Ed è allora in quest’ottica corporale che il cineasta inquadra i suoi numerosi protagonisti, ridotti qui a veicolo, mezzo e strumento di critica alla decadenza delle relazioni umane in tempi di modernità capitalistica.

Non ho scelto personaggi del Decameron per caso ma per offrire esempi di realtà. Un personaggio del Decameron è esattamente il contrario di un personaggio che si vede nei programmi televisivi o nei cosiddetti film consolatori. Questo per restare solo sul piano dell’idea figurativa. Dal Decameron in poi è questo che conta maggiormente, questa fisicità del personaggio, che si impone. […] Nel Decameron io ho girato come so e come voglio girare: più che mai nel mio stile. Ma mentre in Porcile e Medea il mio gioco era atroce, ora esso è lieto, stranamente lieto. Un’opera lieta (fatta con tanta serietà, naturalmente) mi sembra contraddire ad ogni aspettativa, è una disobbedienza completa. […] Ma col Decameron (almeno nel girarlo) non si tratta più di umorismo e di distacco dalla materia: si tratta proprio di gioco. Si vede che la perdita di fede (che è sempre stupida) mi ha dato inizialmente un trauma; ma poi, con la perdita totale della fede (nella storia, s’intende) ho ritrovato una gaiezza, sì, una gaiezza che non ho mai avuto, e quindi non ho mai perduto. (Pier Paolo Pasolini).

“Boccaccio fa finta di polemizzare col suo tempo, ma la sua non è polemica, egli è in piena simbiosi con la società in cui aleggiavano il clericalismo e i residui medievali. In fondo la mia, ora, è un’opera di rimpianto del passato, rimpianto di una società ingiusta ma a suo modo reale: oggi le ingiustizie ci sono ancora, anche se c’è più benessere, ma quel che è più atroce si è perduto un rapporto reale con la realtà”.

“Sì, in un certo senso rimpiango ciò che nel Boccaccio rappresenta un passato contadino e artigianale rispetto a un presente che tutto questo ha distrutto: ma rimpiangendolo non posso rifarlo, non posso sostenere quel mondo oggi superato, anche perché, se per ipotesi lo facessi, tradirei lo spirito vero del Boccaccio. E anche per questo ho ricostruito quel mondo come un mondo di classi popolari e sono andato a Napoli per ritrovare (…) un rapporto autentico del popolo con la realtà, un rapporto che il popolo, quale che sia la sua ideologia, riesce a stabilire senza le distorsioni ideologiche del piccolo borghese”. (Pier Paolo Pasolini in ‘Sipario’ n. 300, maggio 1970.)


SCHEDA DEL FILM

Classificazione: Film vietato ai minori di anni 18

Genere:  Commedia/Storico/Grottesco                                      

Durata:   114′                   

Anno:       1971

Soggetto/Sceneggiatura: Ispirato al Decameron (1349-1353) di Giovanni Boccaccio 

Cast:                Franco Citti (Ciappelletto), Ninetto Davoli (Andreuccio da Perugia), Angela Luce (Peronella), Pier Paolo Pasolini (allievo di Giotto), Giuseppe Zigaina (frate), Vincenzo Amato (Masetto da Lamporecchio), Guido Alberti (un ricco mercante), Gianni Rizzo (Padre superiore), Elisabetta Genovese (Caterina), Silvana Mangano (la Madonna).

Produzione:     Alberto Grimaldi, Franco Rossellini per PEA / Les Productions Artistes Associés / Artemis Film.

Distribuzione:   Cineteca di Bologna                           

Data di uscita: 25 agosto 1971